Tra gli anni Settanta e Ottanta c’era l’abitudine di fermarsi nelle trattorie per mangiare qualcosa; cibo veloce, vino della casa, tutto senza troppe pretese. Lo stesso vino del contadino che veniva venduto nei negozi, solitamente in fusti. Il mio sguardo si soffermava sui piaceri della tavola, d’altronde ero abituato fin da bambino a riconoscere il buono: vedevo in quei gesti spontanei un progetto che poteva prendere forma e diventare un luogo che girava intorno al vino, in cui fermarsi a bere un bicchiere, affidandosi alla competenza del negoziante, accompagnando quel calice con qualcosa di generoso al palato, poi acquistare la bottiglia appena scoperta da portare a casa.
La spontaneità degli atteggiamenti aveva bisogno di qualità, di recuperare sapori che rischiavano di essere dimenticati, di vini che raccontassero un territorio e un pensiero dietro le scelte che portavano all’imbottigliamento.
Era il 1988 e nasceva la mia prima enoteca con degustazione.
Oggi locali del genere sono all’ordine del giorno ma trent’anni fa il discorso era ben diverso. Era un pensiero d’avanguardia, una missione alla ricerca dei piccoli produttori che avessero una storia da raccontare e un vino destinato a diventare “domani”.
Impensabile allora “fermarsi per un calice ben fatto”.
Ma la mia ossessione per il vino scalpitava e con essa la voglia di diffondere qualità.
Il mio sesto senso non ha mai sbagliato in quegli anni, scovando produttori inusuali, all’epoca sconosciuti, in grado di esprimere nel bicchiere il loro pensiero e la loro visione.
Questo perché fin dall’inizio, nella ricerca instancabile e nel creare piano piano la mia selezione, ho sempre battuto le strade non comuni. Sono i nomi a parlare delle mie scelte, quelli che oggi sono diventate istituzioni: Sandrone, Altare, Gravner, Miani, Ruinart per citarne qualcuno.
I viaggi e le degustazioni si facevano sempre più frequenti e la mia distribuzione di etichette selezionate piano piano prendeva forma e poteva essere proposta nei ristoranti di Milano. Era fuori dal coro, come anche oggi amo definirla, ma ha sempre avuto riscontro.
Da una decina di anni questa distribuzione è tornata viva e pulsante con nuova ricerca e nuovi produttori, ultimo ma non ultimo il Rum Santiago, destinato a diventare sublimazione della tradizione cubana.
Un nuovo viaggio, lo stesso percorso sterrato.